Giadina è una dei miei 5 gatti. Una gatta domestica, lo è stata per diversi anni. Abita in un appartamento al 2° piano di un piccolo condominio. Nata e vissuta fra 4 mura per la maggior parte della sua vita.
Tutto è partito quando mi regalarono la prima gatta, che sarebbe la nonna di Giadina. La facevo uscire aprendole la porta del condominio, andavo a lavorare e lei mi aspettava sotto casa al mio rientro. I gatti del quartiere, o i gatti erranti che passavano da li, erano assai felici di vedere la mia gatta, che non aspettava nient’altro che vedere loro. La prima cucciolata da alla luce 3 mici, da due padri diversi (nei gatti succede): uno arancione e due neri e bianchi.
Non volevo sterilizzarli perchè mi sembrava di andare contro la loro natura. Dicevo: gli faccio provare le gioie del sesso per un po’ poi li sterilizzo. Nascono altri 4 gatti, una di quei 4 è Giadina.
Succede dopo poco tempo che la gatta del mio vicino, una randagia che aveva adottato, viene investita davanti a casa nostra. Il dispiacere nel vedere come si sentivano i miei vicini era così forte che da quel momento anche la mia gatta non l’ho più fatta uscire. Gli altri erano così piccoli che neanche hanno mai visto il mondo fuori dalla porta di casa.
Passano gli anni e i miei gatti vivono in un appartamento di 80 metri quadrati, con le due camere da letto chiuse perchè non le sporcassero. Lo spazio quindi consisteva nella cucina, il salotto e nel balcone dove c’erano le lettiere. Ah, dimenticavo, potevano anche andare nel corridoio.
Passano gli anni e io giorno dopo giorno penso che devo cambiare casa, trovare una piccola casetta col giardino, in una zona di campagna lontano da strade trafficate, dove loro potessero condurre una vita indipendente. Come è la loro natura.
Il Neoliberismo ha ridotto me e la mia famiglia da classe media benestante a classe media che arranca. I risparmi diventano debiti, il lavoro sicuro diventa un miraggio. La mia casetta col giardino insieme a loro. E allora che faccio dei miei gatti?
Un anno fa’ decido di far scendere di nuovo la mia gatta, la capostipite, che già era abituata e conosceva il territorio. Ripartono le uscite in solitaria, ma gli altri 4 gatti restavano ancora in casa. Non mi fidavo, non avevano mai visto il mondo fuori da casa. Pensavo potessero scappare, perdersi, andare chissà dove. Ma la voglia di fargli vedere il mondo fuori di casa era troppo grande, e il dispiacere di farli vivere come sopramobili ancora di più. Apro la porta, prima quella di casa. Titubanti scendono le scale del condominio, prima i due maschi, Giadina è l’ultima. Apro la porta del condominio, il momento è emozionante, 4 creature il cui mondo erano 30 metri quadrati stanno per vedere un mondo nuovo, aperto, con alberi, terra, animali, persone. Stanno per scoprire nuovi spazi, il loro territorio. Titubanti mettono la testa fuori, un paio d’ore dopo fanno uscire anche le zampe. Giadina è l’ultima.
I primi tempi stavo sotto con loro, perchè li volevo abituare a stare da questa parte di casa, non da quella che va verso la strada. Sto sotto qualche minuto con loro e li osservo. Dopo un paio di mesi li lasciavo scendere da soli.
E’ passato quasi un anno da quel momento. I gatti, da soprammobili quali erano, sono diventati cacciatori spietati. Topi, uccelli, lucertole, insetti. L’altra sera, mentre ero sceso per richiamarli e farli entrare, noto qualcosa di strano vicino alla porta. Di solito se cacciano un topo o un uccello ne mangiano solo un pezzo o non lo mangiano proprio; le crocchette della Purina gli piacciono di più. L’altro giorno invece, quella cosa strana vicino alla porta era la testa di un uccellino, il corpo non c’era più. Guardo vicino al luogo del crimine se vedo altri resti ma no, chi l’ha cacciato se l’è poi mangiato.
Cerco di capire chi possa essere stato dei miei gatti, ma erano usciti tutti quel giorno quindi non era facile capirlo. Il giorno dopo noto però qualcosa di strano in Giadina. Di solito a chiedere a gran voce di uscire è la gatta più grande mentre invece quel giorno era giadina che magolava a più non posso. Una furia, sembrava che il suo miagolio venisse dal più profondo del suo istinto. Come quando dici una cosa in cui credi e senti che viene dallo stomaco, non dalla testa. In quel momento ho capito, è stata lei.
Da quel giorno Giadina è incontrollabile, indomable, non la puoi tenere in casa. E quando ci ritorna si comporta in modo diverso da prima. La cosa che più mi ha sconvolto è che ha smesso di dormire sui cuscini, dorme nei vasi adesso. Vuole sentire il contatto della terra.
Giadina è una ragazza che ho conosciuto qualche tempo fa’. Si chiama Giada ma è bassina e tutti la chiamano col suo diminutivo. Fa la cassiera al Carrefour, la Monsanto dei supermercati europei. La busta paga oscilla dai 900 ai 1100 Euro.
Fino a poco fa viveva a casa con i genitori e i due fratelli. Il papà è disoccupato, tira avanti grazie a qualche piccolo lavoro da imbianchino, la mamma è disoccupata anche lei, tira avanti facendo le pulizie nelle scale dei condomini, viene pagata in nero e non lavora tutti i giorni. Il fratello più grande, disoccupato da anni, rientra nella categoria degli “scoraggiati”; la sorella più piccola va ancora a scuola.
Giadina, dei suoi 1000 € ne può spendere pochi per lei.
Passare otto ore al giorno ripetendo sempre lo stesso movimento, indossando la casacca che hanno tutte, prendendo ordini dal capo e non potendo mai dire la propria. A lei non è rischiesto pensare. Tutti i giorni avanti e indietro dal supermercato al suo piccolo e affollato appartamento in periferia. Con la sua utilitaria datata primi ’00.
Giadina vorrebbe vivere secondo la sua natura, anche se non l’ha mai ancora conosciuta. Certe cose le sai perchè sono dentro di te, ma non le conosci perchè non sono mai uscite fuori. Avere una casa tutta per se, da arredarsi come le piacerebbe di più; avere un marito, un uomo con cui condividere la vita, in tutte le sue cose future. Soprattutto, Giadina vorrebbe avere un figlio. Crescerlo nella sua casa, con suo marito.
E allora mi chiedo, se la natura di Giadina è quella di madre, di moglie e di padrona di casa, come fa a esprimerla veramente se è costretta a passare 10 ore al giorno fuori casa, senza vedere suo figlio, suo marito e ripetendo lo stesso movimento per otto ore consecutive? Con uno stipendio che basta appena per non essere costretti ad andare a mangiare la domenica mattina alla Caritas?
Il padroni di Giadina non le vogliono aprire la porta. Sanno che se gliela aprono lei poi non vorrà più tornare indietro. Lavorare tutto il giorno, 6 giorni alla settimana, per 1000 Euro al mese. Sanno che se tutte le altre la vedranno libera, vivere secondo la sua natura, poi vorranno fare come lei.
Giadina allora scappa dalla finestra. Trova un uomo con uno stipendio sicuro, è il suo. Si trasferisce dalla sua città per andare a vivere con lui in un piccolo paesino, in un’altra regione. Lascia la sua vita alle spalle, la sua natura snaturata, decisa da altri, e prova a cercare di vivere secondo la sua. Quella che si è sempre sentita dentro.
Chi l’ha sentita ultimamente mi ha detto che non le è sembrata felice. Dice che il suo territorio è cambiato, le persone che vedeva, conosceva e frequentava sono cambiate. La sua dimensione è cambiata. E suo marito, forse, l’ha sposato troppo in fretta. La gelosia che l’aveva fatta innamorare ora è diventata una gabbia.
Forse questo Mondo non permette agli esseri umani di vivere secondo la loro natura. Forse solo qualcuno può, forse non sapendo nemmeno qual’è veramente la propria natura.
Questa storia però una cosa me l’ha insegnata. Ogni giorno, quando ti svegli nella giungla neoliberista, non importa tu sia una gatta domestica o una donna impiegata al centro commerciale, quello che importa è che tu non sappia mai qual’è la tua vera natura; sennò farai preoccupare il tuo padrone.
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