Oggi sul tram mi sono imbattuto nella pubblicità di un centro medico che vantava “3 centri a Torino e 6 in Piemonte!”. Insomma, un franchising medico.
Uscito dal tram mi sono accorto che tale pubblicità mi aveva lasciato sbigottito. Quell’essere primitivo che chiamiamo generalmente “uomo civile” brancola nel buio.
Il concetto di franchising è l’emblema della bruttura della nostra società materialista. Non contano le persone che lavorano in un esercizio commerciale, non contano le loro peculiarità individuali, i loro talenti o i loro difetti, quanto di loro possono mettere nel processo economico. Conta solo il nome, un logo sgargiante, delle uniformi con la targhetta col nome.
Badate bene: solo il nome, non il cognome, troppo intimo, indicante la famiglia di provenienza, l’unicità del nostro essere al mondo. Sono finiti i tempi, in cui un individuo per dichiarare la propria identità enunciava il nome dei propri padri. Secondo l’assunto sotteso a tale modello economico, varrebbe la pena mangiare in un posto solo perché si chiama nello stesso modo di qualche posto che già conosciamo.
I cuochi, i camerieri, i lavoratori diventavano una massa informe che deve garantire l’uniformità allo standard. E quell’aborto della cultura moderna che saltella qua e là per il mondo sotto il nome di “consumatore” diventa una “cosa” e acconsente inconsapevole alla “vendita della propria anima”.
In India l’usanza impone che chi è arrabbiato o alberga cattivi pensieri non deve cucinare perché “avvelenerebbe” le pietanze con la propria energia negativa. Lo so che non si può parlare di energia al mondo occidentale che è così evoluto da credere solo in ciò che vede (con la nefasta conseguenza di non fidarsi neanche di ciò che sente).
Nelle corti europee medioevali e prima ancora romane, il “coppiere del re” era una figura importantissima che veniva selezionata fra persone di fiducia perché aveva anche la responsabilità del personale che cucinava per il re. Sapevano benissimo che esistono metodi di avvelenamento anche più sottili del cianuro.
Non arrivo a sostenere la necessità di verificare i cuochi dei ristoranti in cui andiamo (anche se non sarebbe affatto sbagliato in principio). Vorrei solo sottolineare quanto è stata profonda la caduta dell’uomo occidentale.
Una volta si andava in un ristorante quando se ne conosceva il personale, c’era un rapporto umano fondato su stima e fiducia alla base delle scelte.
Oggi questo rapporto umano viene eliminato, il consumatore stesso lo rifugge. Preferisce la tranquillità di un pasto dal sapore standard. Non si fida più delle persone: si fida solo delle “marche”. Basta il nome dell’esercizio commerciale a garantire la qualità del pasto. Il medesimo meccanismo si trasferisce ora agli studi medici. Basta il medesimo nome, non è importante conoscere i medici che ci operano e la loro professionalità.
Arriveremo in un mondo in cui tutto sarà una catena commerciale.
Grandi catene di cinema, supermercati, centri commerciali, ristoranti, studi medici ecc… tutto deve essere standard, tutto uguale, in ogni parte del mondo. Questo è autentico terrorismo.
A quel punto il lavoratore sarà del tutto superfluo, basterà un robot che non rischierà di individualizzare una parte del processo produttivo.
Questa è la società del progresso: un mondo in cui i rapporti umani sono stati distrutti, a partire dallo stesso concetto di comunità (che sarà solo più, al massimo, di natura virtuale).
Lascia un commento