Tsipras ha da poco vinto delle importanti elezioni in Grecia e l’opinione pubblica internazionale si è già divisa tra chi sostiene che sarà la fine della politica di Austerità, e chi sostiene che “il Renzi greco”, al pari di quello nostrano, non cambierà nulla o, peggio, farà il gioco delle banche e della finanza internazionale.
Non voglio qui fare pronostici, né cedere a quel disfattismo tanto caro a molti osservatori della politica. La mancanza di slancio, di fiducia nel cambiamento non ci aiuta: diamo al tempo la possibilità di rivelarci le reali intenzioni e capacità del politico greco.
Eppure un rischio c’è e su questo voglio soffermarmi.
Assistiamo infatti a un parallelismo tra Grecia e Italia. Partiamo dal nostro paese. Una crisi senza precedenti rende palese a tutti la necessità di cambiare. I media cominciano a spingere su un giovane sindaco di Firenze. Il nuovo che avanza. Finalmente un giovane, pulito. Il sindaco comincia a comparire sulle copertine dei quotidiani, diventa onnipresente sui media italiani. Bisogna mandare a casa i vecchi, cambiare la politica, riempirla di volti nuovi. Abbasso la casta. La sua popolarità cresce così tanto che in breve diventa segretario del proprio partito.
A questo punto con una manovra di palazzo diventa primo ministro.
Il giovane sindaco è a capo del Governo e finalmente metterà in atto tutti i cambiamenti che va urlando da tempo. E invece. Non solo non cambia poco o nulla, ma se possibile peggiora la situazione.
Saltano fuori i legami del premier con la finanza. Il “nuovo che avanza” si allea con un patto segreto con il vecchio “mostro” dei sonni della sinistra italiana, Berlusconi. I due mettono in piedi una riforma elettorale che non elimina i privilegi (le nomine dei partiti).
Non solo. Il giovane intraprende la riforma costituzionale che Berlusconi avrebbe sempre voluto fare, cambiando il titolo V in un senso che dà molto più potere al potere centrale e al Governo, sottraendolo agli enti locali e menomando un ramo del Parlamento rendendolo praticamente “nominato” (un contentino agli enti locali ai quali viene praticamente tolto il potere legislativo).
In breve il sogno di cambiamento, come al solito affidato a un singolo uomo, vacilla e si infrange al suolo.
E mentre il malcontento e la frustrazione crescono i media puntano su un altro cavallo vincente: Salvini e la sua Lega Nord. E proprio mentre cresce il problema dell’ immigrazione e gli attentati conducono il mondo verso uno scontro di “civiltà”, cresce in consensi un partito xenofobo che vede nell’Islam (senza alcuna distinzione) un nemico giurato dell’Occidente.
La gente vuole cambiamento e quando il partito riformista per eccellenza, la sinistra (ormai, lo so, questo è un sogno infantile), fallisce, la destra xenofoba e “islamfobica” ci guadagna in consensi.
Per questo motivo c’ è da augurarsi che la politica di Tsipras abbia successo.
Altrimenti tutto porterebbe a pensare a un destino analogo. Ricordiamo il dato meno noto che il partito neonazista Alba Dorata, anti immigrati (ha proposto le mine antiuomo sui confini) e anti Islam, è arrivato terzo alle elezioni greche e sta costantemente crescendo. Il fallimento di Tsipras e della sinistra riformista greca, farebbe crescere ancora di più il partito di estrema destra e potrebbe portarlo a diventare il primo partito ellenico.
Contando che l’attentato di Parigi ha avuto l’effetto di aumentare ancora la crescente popolarità del Front National della famiglia LePen, assistiamo a una veloce trasformazione dell’Europa mediterranea, che si sposta sempre più su posizioni estremistiche e xenofobe.
Il processo d’altronde non riguarda solo l’Europa mediterranea. Partiti xenofobi ed “anti-Islam” si stanno affermando anche in altre zone d’Europa: In Olanda troviamo il Partito delle Libertà guidato da Geert Wilders che nelle elezioni 2012 ha preso il 10% dei voti. In Finlandia alle presidenziali 2012 la lista Veri Finlandesi di Timo Soini si è presa 39 seggi su 200 diventando la terza forza del Paese. La terza forza politica in Ungheria è il movimento di estrema destra Jobbik, che alle politiche 2014 ha preso il 20,5% (migliorando il 16% del 2010). In Inghilterra lo United Kingdom Independence Party (Ukip) di Nigel Farage che, malgrado sia famoso in Italia per le sue posizioni sull’Europa, si è imposto in territorio inglese come movimento anti-islam (vorrebbe, fra le altre cose, vietare la costruzione di nuove moschee), sta crescendo molto a livello locale e ha trionfato alle europee del 2014, ha conquistando 24 seggi.
Questo spostamento su posizioni xenofobe è un pericolo tanto maggiore in un momento storico in cui il Potere ci sta portando verso uno scontro definitivo con il mondo Islamico, dipinto (a torto) come nemico dell’Occidente.
Questo scontro è l’ultimo gradino verso la mondializzazione del modello capitalista a-morale e a-religioso e il fatto che in gran parte d’Europa si stia affermando la classe politica ideale per accettare e portare avanti tale conflitto, è piuttosto preoccupante.
Occhi (e Cuore) aperti.
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