ATENE
La paura e la speranza, chi detiene Potere, qualsiasi esso sia, usa l’una per imporsi e l’altra per legittimarsi.
Far votare il proprio popolo su un accordo che di fatto non è più sul tavolo, è come scaricare su di esso tutto il peso di una responsabilità collettiva che non può avere: un popolo che per il 45% vive ormai al di sotto del livello di povertà, un popolo che da mesi nasconde i risparmi di una vita intera negli armadi, nelle scatole da scarpe, un popolo che ormai vive blindato in veri e propri caveau, a prova di intruso. Ma il furto più grave potrebbe arrivare proprio domani mattina, senza infrazioni, senza alcun segno di scasso, aprendo semplicemente la cassetta delle lettere e ritrovando il proprio forziere casalingo all’asta di pignoramento, perchè non si è potuto far fronte alla rata del mutuo o alla cartella delle tasse.
“Qualcosa di peggiore accadrà in Grecia, se fallirà il popolo greco”, ammonisce l’eroe nazionale Manolis Glezos, in una intervista a Vox Populi dell’Aprile scorso. Perchè con il partito di Tsipras che governa il Paese, “Il popolo è finalmente al potere”. Quindi, è il popolo che ha scelto ed è fautore del proprio destino, anche per Rania Antonopoulos, vice ministro del Lavoro: “i greci con il loro voto hanno chiesto di rimanere nell’euro”.
In passato, era stato chiaro anche Theodoros Pangalos, allora vicepremier quando in parlamento spiegò le cause della crisi “Tutti noi greci abbiamo mangiato insieme seguendo una pratica fatta di spregevolezza, corruzione e sperpero del denaro pubblico” (2010).
Quindi la crisi è colpa del popolo, dei greci corrotti, ma anche evasori, spreconi, fannulloni e lavativi. “Menomale che la troika c’è”, dicevano in tv, e il popolo, colui che oggi “ha il potere”, ci ha creduto, e magari lo pensa pure mentre fa la fila per ritirare gli ultimi risparmi al bancomat, col terrore di perdere pure gli ultimi spiccioli.
Cosa votereste se foste chiamati ad esprimervi sul vostro grado di impoverimento futuro? Sareste favorevoli o contrari?
E’ questo il referendum del 5 Luglio prossimo. “Il referendum non sarà sull’euro “, questo continuano a dire i dirigenti e gli esponenti di Syriza.
E hanno ragione, il risultato del referendum molto probabilmente servirà a dare al governo quella forza contrattuale in sede europea, che adesso non ha. Sempre che vincano i No, e si tratterà automaticamente di una delega in bianco al governo per rinegoziare un nuovo accordo, rimanendo nella zona Euro.
E l’Euro è austerità, l’euro è svalutazione salariale, privatizzazioni e disoccupazione. L’euro impedisce politiche sociali strutturali, lo sviluppo dell’economia reale a discapito di quella finanziaria.
Eppure per Syriza, ancora oggi, “uscire dall’Euro sarebbe un disastro”. Eppure senza l’Euro non ci sarebbe stata nessuna troika.
Grazie all’euro, la BCE ha congelato la liquidità di emergenza alle banche greche, e le banche hanno chiuso i battenti. Ma “il popolo vuole l’euro”, le voci della strada lo confermano a stragande maggioranza.
Secondo Seneca, “Ignorare è motivo del timore”.
Una classe dirigente degna non scarica sul popolo, le proprie responsabilità e le proprie scelte di fondo, lo prende per mano, creando le condizioni perchè esso possa emanciparsi e liberarsi dalla Paura, dall’insicurezza sociale.
E allora diverrà realmente un popolo libero di scegliere e di contare.
La consultazione referendaria greca di questo fine settimana, è molto probabile che legittimi la rimodulazione di nuove misure di austerità, in ogni caso, con ogni esito elettorale. Il popolo non si sentirà certo tradito o svenduto, perchè sarà stato comunque consultato, dopo aver manifestato pacificamente, a dispetto degli anni passati quando la shock terapy era stata implementata in un clima di terrore, praticamente uno “Stato di Polizia”, come lo prevede la contemporaneità.
I media europei insistono che quello greco sarà un referendum antieuro e fanno vedere in continuazione le file ai bancomat per avere 60 euro, i disperati che nascondono i soldi sotto lo stoino di casa, i turisti che annullano le partenze per le isole. Ecco cosa significherebbe “lasciare l’Euro”: il caos economico e sociale.
Poi, non sia mai che altri paesi europei siano seriamente contagiati dall’esempio greco: i cittadini devono esprimersi in merito agli accordi internazionali presi entro la Ue. E se qualche Stato decidesse per una buona volta di fare esprimere un voto popolare veramente vincolante e che minasse davvero il progetto globalista europeo?
E se all’improvviso, i popoli si svegliassero dal torpore e mettessero, per esempio, in discussione il recente piano, elaborato da soli cinque amici al bar… Draghi, Juncker, Tusk, Dijsselbloem e Schulz, che prevede entro il 2025 il “completamento dell’Unione Economica e monetaria dell’Europa”, ossia Unione finanziaria, Unione di bilancio e una fantomatica Unione politica, che il Consiglio Europeo è “invitato ad approvare alla prima occasione”?
Chissà se un giorno non troppo lontano, la paura e la speranza potranno tramontare.
Sapere e prospettiva, sarebbero sufficienti per un avvenire collettivo degno a misura di Persona.
Usa a Ue e Fmi: “Atene resti nell’Euro”. Come vuole il popolo.
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