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GLOBALIZZAZIONE E UE: LA LEZIONE DI ANTONIO GRAMSCI. CENTO ANNI FA

27 Maggio 2017 by Jacopo Brogi 2 commenti

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“E’ il grande Stato borghese supernazionale che ha dissolto le barriere doganali, che ha ampliato i mercati, che ha ampliato il respiro della libera concorrenza e permette le grandi imprese, le grandi concentrazioni capitalistiche internazionali”. Antonio Gramsci parla così della Società delle Nazioni, è il 19 Gennaio 1918 (1).

Quella che chiamiamo “globalizzazione” viene da lontano, forse da lontanissimo: tra la scoperta dell’America e la rivoluzione industriale, tra l’estinzione della civiltà contadina e le trincee della prima guerra mondiale. Gli uomini mandati al macello nell’ “inutile strage” (2) e le donne arruolate alla catena di montaggio. Mentre raddoppia lo sfruttamento dell’individuo nel processo di accumulazione del capitale, si duplica la platea di chi consuma. E la famiglia, cellula sociale libera di autogestirsi a dispetto di ogni potere, inizia a mutare.

Per aprire “mercati” scatenano due guerre mondiali, prendono possesso delle risorse energetiche del Medio Oriente, fondano Stati e basi militari dopo avere occupato un continente intero; usano la guerra, usano l’economia, usano i media, usano la finanza.

Ormai, senza “il mercato” non metti una zucchina in tavola, non mangi carne se non in vaschetta, non riesci a vivere perché una finanziaria ha le chiavi di casa tua, mentre le banche hanno preso il controllo del tuo Stato.

Senza denaro non siamo niente, e ovviamente chi lo controlla, ha in mano la nostra vita.

Da una parte si omologa il mondo culturalmente ed economicamente, dall’altra si disgregano le società tramite le immigrazioni, mischiando le persone.

Così fecero, scoprendo e impiantando “l’America”. Così oggi, verso gli “Stati Uniti d’Europa”.

I mercati vanno spalancati, con la finanza o con la guerra. Mercati liberi: da chi?

Per Aristotele: “Ogni Stato esiste per natura, se per natura esistono anche le prime comunità. Esiste per rendere possibile una vita felice”.

Per questo, hanno minato le istituzioni tradizionali della società: la famiglia e lo Stato, costruzioni naturali e umane, grazie a cui l’uomo non è mai rimasto solo.

Eccolo, il criminale innesto artificiale: l’individuo ormai merce da usare per profitto, non più essere sociale che tende ad aggregarsi, unirsi e organizzarsi assieme agli altri.

Quindi hanno minato la Politica, nel senso del pensare a quel vivere comune, e immaginare come lo si potrebbe costruire e come lo si potrebbe abitare.

Secondo Platone, “uno Stato nasce perché ciascuno di noi non basta a se stesso, ma ha molti bisogni. Così per un certo bisogno ci si vale dell’aiuto di uno, per un altro di quello di un altro: il gran numero di questi bisogni fa riunire in un’unica sede molte persone che si associano per darsi aiuto, e a questa coabitazione abbiamo dato il nome di Stato”.

Il vecchio mondo, l’hanno stravolto innanzitutto col pensiero: veicolando idee che disinnescassero coesione e legittimassero disgregazione. E siamo dove siamo. L’individuo da solo, merce in balia dei più ricchi, col proprio consenso.

Il pensiero unico globale, non contempla interessi collettivi e la vicinanza al prossimo. Ma l’uso del prossimo per interessi privati.

Eppure siamo liberi: di distrarci, mentre diventiamo poveri.

Altrove sono costretti a radere al suolo materialmente e fisicamente ciò che c’è, per impiantare la società nuova. Che da questa parte di mondo, si è incamminata ormai da decenni: senza famiglia, senza Politica, senza Stato. Nell’Era della tecnica, non ne abbiamo più bisogno: ognuno sa fare ciò che deve, e provvederà a se stesso. Così fan tutti, quando conta solo il denaro.

Eppure la tecnica è un mezzo, la politica è un fine. Quindi, la tecnica è il mezzo per attuare una certa politica: realizzare il governo tecnico delle scelte politiche. Quelle di chi controlla il denaro, per impiantare la società nuova, quella del mondo.

Ovviamente, ciò porta “crisi” e anche resistenze di poteri concorrenti e subalterni. Quei poteri nazionali che venendo meno gli Stati, hanno perso spazio e influenze. Ecco perchè sono arrivati i “populisti”, che invece di venir appoggiati condizionatamente dai nostri benpensanti (quelli che dovrebbero rappresentare chi lavora), vengono disprezzati.

Così il popolo, viene gettato nell’abisso del mercato.

Perchè ormai siamo “Mondo”, come se prima vivessimo sulla luna. Perchè ormai siamo “Europa”, come se prima fossimo in Oceania.

La nostra salvezza e prosperità futura, passa dal riscatto dei popoli europei, unico concreto ostacolo a questa globalizzazione.

Europei per identità, radici, storia, culture e lingue diverse.

Il ritorno alla sovranità degli Stati nazionali, a politiche democratiche e popolari di benessere diffuso che garantiscano la vera libertà: vincere il bisogno.

Senza puntare ad indipendenza nazionale e cooperazione internazionale, l’unica via percorribile rimarrebbe quella su cui siamo già in cammino: la distruzione e la conquista definitiva dell’Europa, dei popoli europei, e della Russia.

Scacco matto. E’ questo il loro obiettivo operativo, almeno dalla presidenza di Woodrow Wilson, poco più di cento anni fa: il mondo.

Il “populista” Donald Trump, rispetto ai suoi predecessori, non sembra servire gli stessi interessi e la stessa visione del futuro. Così la Brexit di Theresa May.

Antonio Gramsci, anno 1918: “nel beato paese di Utopia ha avuto in tutti i tempi diritto di cittadinanza e di libera circolazione il “bel sogno” degli Stati Uniti d’Europa e del Mondo. Il “bel sogno” ha fatto ridere i saggi; i critici, i filosofi realisti ne hanno dimostrato l’incongruenza, la fallacia storica. Ed a ragione“. (3)

—

(1) = Antonio Gramsci, “La Lega delle Nazioni“, da “IL GRIDO DEL POPOLO”, 19 Gennaio 1918 – Gramsci, scritti politici- Editori Riuniti, 1967 – testo integrale online: http://www.intratext.com/IXT/ITA3063/__PX.HTM

(2) = Papa Benedetto XV, 1917 – https://w2.vatican.va/content/benedict-xv/it/letters/1917/documents/hf_ben-xv_let_19170801_popoli-belligeranti.html

(3) =Antonio Gramsci, “La Lega delle Nazioni“, da “IL GRIDO DEL POPOLO”, 19 Gennaio 1918 – Gramsci, scritti politici – Editori Riuniti, 1967 – testo integrale online: http://www.intratext.com/IXT/ITA3063/__PX.HTM

Interazioni del lettore

Commenti

  1. PAOLO dice

    27 Maggio 2017 alle 23:16

    I TUOI ARTICOLI SONO UN INNALZAMENTO DEL LIVELLO DI LETTURA ,PER ME CHE LEGGO POCO,TROPPO POCO.BREVI CHIARE E RICCHE DI SIGNIFICATI. BRAVISSIMO JACOPO ,SI PUò CONDIVIDERE E DIFFONDERE TUTTO QUELLO CHE SCRIVI ?

    Rispondi
    • Jacopo Brogi dice

      28 Maggio 2017 alle 1:06

      Grazie mille caro Paolo, ma certo! Gli articoli sono in realtà di chi legge, e di chi sente di voler condividere qualcosa con gli altri.
      Grazie della tua attenzione, e anche se vorrai darne diffusione.

      Rispondi

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