Il prossimo obbiettivo delle elites neoliberiste in Europa è l’attuazione dell’Unione Bancaria, un’operazione che serve a guadagnare importanti posizioni nella loro battaglia contro le democrazie. Dopo aver ripreso il controllo della finanza pubblica ora vogliono il controllo di quella privata. La sostituzione del capitale nazionale con quello internazionale passa inevitabilmente dall’acquisizione delle banche medio-piccole, il cui controllo permetterà loro di impadronirsi di tutte quelle attività produttive italiane che verranno private del credito necessario alla loro sopravvivenza. Gli artigiani, i negozi, i piccoli e medi imprenditori verranno tutti sostituiti da grandi multinazionali. Sebbene il PD di Renzi abbia raggiunto notevoli obbiettivi nella desovranizzazione del Paese e nell’abbattimento dei diritti sociali, non da comunque abbastanza garanzie alle elites. Per fare quest’operazione serve un governo, e quindi un partito, che non abbia rapporti economici consolidati nel territorio; tantomeno, che non abbia rapporti col capitale nazionale rappresentato da quelle banche medio-piccole che vogliono acquisire. Renzi si è mostrato troppo vicino a quegli ambienti (vedi padre della Boschi). Le elites neoliberiste non possono permettersi di far governare qualcuno che non sia del tutto allineato al loro progetto. Le elites neoliberiste hanno già scelto chi sarà il prossimo partito che dovrà governare l’Italia, sarà il M5S. Quello che non hanno ancora deciso è chi sarà il leader.
A settembre hanno provato a sondare il terreno con Di Maio, la Trilateral ha organizzato incontri con lui e altri del movimento, cercando di tirarlo dalla loro parte. In un’apparizione televisiva di qualche giorno dopo quell’incontro sentii Di Maio dare una piccola spiegazione all’intervistatrice di cosa fosse lo Stato Liberale. Ha ripetuto bene la lezioncina fattagli dagli uomini della Trilateral, ma non mi sembrava troppo convinto. La mia stessa sensazione è quella che hanno avuto le elites. Di Maio è controllabile ma fino a un certo punto. Se si dovesse trovare a dire ai suoi elettori che in Italia deve arrivare la Troika non reggerebbe il peso. E’ di estrazione troppo popolare per riuscire a fare un’operazione così. Per questa operazione serve qualcuno che guardi il popolo in modo distaccato. Qualcuno che al popolo non è mai appartenuto.
Chiara Appendino è stata eletta sindaco di Torino circa un anno fa. La sua propaganda elettorale verteva principalmente sulla risollevazione delle periferie, al contrario di quella di Fassino che appoggiato da certa borghesia torinese verteva principalmente sul turismo e le attività culturali, gestite da quella stessa borghesia. La vittoria della Appendino pareva essere la presa del potere da parte dei cittadini poveri e dimenticati, che finalmente avrebbero trovato voce grazie al partito dell’onestà. Anzi, il Movimento dell’onestà.
Di fatto, la vittoria dell’Appendino ha significato un’avvicendamento al potere di due diverse borghesie cittadine.
La sindaca di Torino è infatti espressione di quella borghesia torinese lasciata fuori dalla gestione della città, che voleva dare una spallata all’altra, quella che governava con Fassino. Infatti i primi mesi di governo cittadino han visto la giunta Appendino impegnata a eliminare tutte quelle attività culturali con finalità turistiche gestite dalla borghesia di sinistra fassiniana. Le periferie nel frattempo sono rimaste com’erano.
La Appendino è figlia di imprenditori, il papà è il vicedirettore esecutivo di Prima Industrie, una multinazionale che produce macchinari laser di cui è presidente Gianfranco Carbonato, a sua volta presidente di Confindustria Piemonte. Il marito della Appendino è anch’egli imprenditore, a capo della Lavatelli S.r.l., una piccola multinazionale di oggettistica per la casa. Chiara Appendino si è laureata con lode alla Bocconi in Economia internazionale e management, con tesi sulle strategie di entrata nel mercato cinese, dove suo padre fece aprire diversi stabilimenti qualche anno prima. Insomma, una medio-alta borghese laureata con lode in liberismo. Visto il pedigree, la Appendino non sembra essere mai entrata a contatto e aver avuto rpporti con i ceti popolari, che si è posta di difendere in campagna elettorale e da cui ha preso la gran parte dei voti.
Il libro di cui è co-autrice “La città solidale, per una comunità urbana.” sembra essere più il parto dell’altro autore, il suo consigliere Paolo Giordana. Un’operazione in tipico stile 5S, prendere consenso intercettando l’elettorato su temi popolari e sociali, per poi cambiare idea quando si tratta di fare sul serio.
L’ho vista con i miei occhi in mezzo alla gente nei mercati di periferia o circondata dai suoi elettori in festa, sembra un pesce fuor d’acqua. E’ quello che elites stanno cercando.
paolo dice
si deve accelerare il processo di riattuazione della costituzione(ved Paolo Maddalena )e bisogna oltre a rendere la popolazione piu partecipe e consapevole(ora anche piigs da una mano , il 29 lo faremo vedere a rimini ), e lo sciopero fiscale o disobbedienza fiscale necessaria …anche se sembra utopistico ed irraggiungibile ,la globalizzazione va arrestata, le aziende che non perseguono l’interesse sociale , comune, della popolazione , vanno espropriate e rese del popolo sovrano,utili allo scopo comune del paese e del suo popolo .
voxadmin dice
La Costituzione è la nostra soluzione, la nostra risposta al liberismo e alla globalizzazione. Per attuarla bisogna darsi parecchio da fare e serve il coraggio di fare quelle cose che dici. Caro Paolo, se tutti avessimo il tuo coraggio non sarebbe utopistico! In ogni caso andiamo avanti, e vediamo che succederà..